Sei seduto a un tavolo del tuo ristorante preferito e sei piuttosto affamato. Si presenta il cameriere e comincia ad elencare una serie di pietanze squisite. Tuttavia, non appena il cameriere si allontana, ti rendi conto di ricordare solo l’ultima specialità elencata. Se ti è capitato, congratulazioni, sei stato colpito dal recency effect!
In psicologia, con “effetto recency” ci si riferisce alla tendenza a ricordare, in maniera più dettagliata, solo gli ultimi elementi di una lista.
Non c’è alcun dubbio che anche tu abbia sperimentato tutto questo personalmente quando, ad esempio, ad una festa, ti sono state presentate una decina di persone ma dopo hai potuto ricordare il nome dell’ultima o al massimo delle ultime due.
Il “recency” nella finanza
L’effetto recency è presente anche in finanza, ed in questo caso le conseguenze possono essere molto più serie che dimenticare se le patate erano arrosto o fritte o quale fosse il nome di quel tizio con la camicia blu.
In altre parole, se stai prendendo delle decisioni di investimento basandoti su cosa è accaduto sui mercati finanziari nell’ultima settimana o giorno, stai rischiando di inseguire occasioni oramai passate oppure finisci col percepire come particolarmente rischioso qualche evento che è già accaduto e che, quindi, è già incorporato negli attuali prezzi di mercato.
Ne abbiamo potuto constatare i drammatici effetti nei mesi recenti, con tanti investitori che, a marzo, si sono posizionati modo difensivo, vendendo gli asset più rischiosi al culmine delle crisi coronavirus, salvo poi assistere all’altrettanto impressionate rimbalzo dei mercati finanziari nel secondo trimestre di quest’anno.
Il nostro cervello “cavernicolo”
C’è una spiegazione all’effetto “recency” in termini di evoluzione umana. Proprio come quando gli esseri umani erano prevalentemente cacciatori, oltre diecimila anni fa, il nostro cervello è “programmato” per rispondere a cosa percepiamo come minaccia immediata. Allo stesso tempo tendiamo a considerare come le migliori in assoluto proprio le opportunità che si sono manifestate recentemente.
Durante le fasi di mercato più negative ma anche durante i mercati rialzisti questo effetto può manifestarsi in forme ancor più significative. La nostra memoria a breve termine (l’equivalente, in termini umani, della RAM dei computers) domina i nostri processi decisionali spingendoci ad estrapolare come assai probabili anche per il futuro quelli che, in realtà, sono solo i rendimenti più recenti.
Questo comportamento spinge spesso gli investitori a comprare azioni quando queste ultime sono ai massimi ed a venderle proprio quando sono ai minimi. Nei mercati “toro” (rialzisti) a spingere all’acquisto è la paura di perdere delle occasioni, nei mercati “orso” (al ribasso) è, invece, è proprio l’avversione a subire perdite che si manifesta in maniera preponderante.
“Questa volta è diverso”
La risposta più frequente che ottiene chi cerca di mettere in guardia dai pericoli dell’effetto recency è spesso: “questa volta è diverso”. Questa argomentazione è sostenuta da parte di chi ritiene che qualcosa di strutturale si sia modificato sui mercati finanziari e che quindi sia richiesto un atteggiamento più tattico e di breve periodo quando le cose sono incerte.
Il problema di questa argomentazione è che, benchè ogni crisi si manifesti spesso in modi diversi, non per questo il comportamento più saggio per gli investitori è quello di basare le proprie strategie su quello che sarebbe potuto essere il migliore approccio durante l’ultima.
Tutto questo ricorda il il gioco “colpisci la talpa” dove il partecipante cerca, spesso invano, di far rientrare la talpa meccanica nel buco colpendola in testa con un martello; appena la talpa torna nel buco qualcun’altra spunta fuori, però questa volta da qualche altra parte.
Come reagire
Quindi, se questa è la natura umana, come possiamo resistere all’impulso di dare maggiore peso agli accadimenti recenti nelle nostre decisioni di investimento?
Le risposte sono: l’asset allocation è l’attività di ribilanciamento. La principale determinante dei rendimenti di un investimento dipende da come si sono distribuite le risorse tra le diverse asset classes, quelle più rischiose e quelle più conservative. L’allocazione dipende dalla propensione e capacità di sopportare il rischio, dagli obiettivi che si intende perseguire e dalla propria situazione personale e familiare.
Semplificando, se in determinato momento hai deciso che per i tuoi obiettivi la migliore allocazione è 50% di azioni e 50% di obbligazioni allora è opportuno fare il possibile per mantenere questa allocazione. Se in un certo momento il valore delle azioni scende, l’allocazione iniziale si modifica e se, preoccupato dagli accadimenti recenti, cedi alla tentazione di vendere, ad esempio, il 30% della parte azionaria l’allocazione diventa qualcosa del tipo 40-60.
In altre parole, l’effetto recency ti può portare, man mano, ad allontanarti dal tuo portafoglio strategico, spingendoti a modificare l’allocazione iniziale in base agli avvenimenti più recenti. Come se un pilota di linea decidesse di cambiare la destinazione ogni volta che incontra una turbolenza.
Il valore del ribilanciamento
Una possibile soluzione è il ribilanciamento. L’investitore, o il consulente che lo assiste, in occasione dei periodici ribilanciamenti di portafoglio venderà obbligazioni ed acquisterà azioni nel caso in cui il valore di queste ultime fosse sceso e farà il contrario, ad esempio, quando il valore delle azioni dovesse apprezzarsi in modo da riportare il portafoglio alle percentuali iniziali di allocazione (nell’esempio 50%-50%).
In questo modo le decisioni di investimento saranno sempre basate sui tuoi obiettivi e sulla tua propensione al rischio e non su quello che è accaduto sui mercati nell’ultimo trimestre.
Non ha davvero alcun senso insistere con il martello, ci sarà sempre una talpa che spunta da qualche altra parte e quindi … lascia in pace quelle piccole pesti!